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Ostetricia e gravidanza: monitoraggio e terapie

Come si sviluppa un bebè all’interno del corpo della sua mamma, settimana dopo settimana? Poter osservare il miracolo della vita che nasce e che cresce è un’esperienza affascinante.

Monitoraggio fisiologico della gravidanza

Il monitoraggio (o tracciato o cardiotocografia) è un tipo di esame, che fa parte del mondo dell’ostetricia, che si effettua durante la gravidanza e può risultare particolarmente utile nella sua fase conclusiva perché permette di tenere sotto controllo lo stato di salute del feto soprattutto in prossimità della data prevista per il parto. In genere il primo monitoraggio viene eseguito non prima della 38a settimana di gestazione assieme agli altri esami che si effettuano di routine in vista del parto (emocromo, elettrocardiogramma, controllo della pressione arteriosa, etc.).

Si tratta di una tecnica completamente priva di rischi sia per la mamma che per il bambino, in genere dura da 30 minuti ad 1 ora durante i quali la gestante è distesa su un lettino o seduta su una poltrona, in ogni caso in una posizione comoda, e può essere presente anche il padre del bambino.

Dal punto di vista tecnico si tratta di un esame basato sulla misurazione di due parametri: la frequenza cardiaca fetale, ossia il numero di pulsazioni del cuore del feto al minuto, e le contrazioni uterine.

Il monitoraggio costituisce a tutt’oggi il sistema di misurazione più efficace per mettere in evidenza un’eventuale sofferenza fetale, infatti la relazione tra la frequenza cardiaca del feto e le contrazioni dell’utero permettono al ginecologo o all’ostetrica che effettuano l’esame di trarre importanti informazioni circa lo stato di salute del bambino. Lo strumento utilizzato per questo esame prende il nome di cardiotocografo, simile per dimensioni e forma ad una piccola scatola al quale sono collegati due rilevatori (o trasduttori) che vengono applicati all’addome della mamma, attraverso due fasce elastiche.

La prima è collegata al rilevatore a ultrasuoni del battito cardiaco e va collocata nel punto dell’addome in cui si ha una percezione ottimale del battito del feto; la seconda è collegata ad un misuratore meccanico che rileva le contrazioni uterine e viene posizionata in prossimità del fondo dell’utero.

La frequenza cardiaca del feto viene visualizzata su uno schermo e queste rilevazioni, assieme a quelle che riguardano le contrazioni uterine, vengono registrate istante per istante su carta millimetrata, simile a quella utilizzata per l’elettrocardiogramma. La striscia di carta esce direttamente dall’apparecchio e mostra in alto il tracciato relativo al battito e, più in basso, quello che riguarda l’attività contrattile dell’utero. Mentre è in corso il monitoraggio la mamma può sentire “in diretta” le pulsazioni del cuore del piccolo, grazie a un amplificatore interno all’apparecchio, e questo provoca spesso una grande emozione nella mamma o in entrambi i genitori che sentono sempre più vicino il momento tanto atteso in cui conosceranno il loro piccolo.

Monitoraggio e terapia della gravidanza patologica

Grazie al monitoraggio è possibile controllare la variabilità del battito cardiaco del piccolo e verificare se le pulsazioni sono nella norma, in questo modo possono essere evidenziate anche situazioni in cui la salute del piccolo è a rischio. La frequenza considerata normale delle pulsazioni oscilla in media tra 120 e 160 battiti al minuto ma può variare a seconda delle diverse esigenze dell’organismo del feto; le pulsazioni rimangono costanti quando il bambino dorme, in questo caso per valutare esattamente la frequenza delle pulsazioni l’esame potrà essere prolungato e durare anche 40-60 minuti perché si deve attendere che il bambino si svegli.

Le moderne tecniche di monitoraggio prevedono anche l’uso del computer che elabora i dati rilevati dal trasduttore e fornisce il tracciato del battito mettendo anche in evidenze eventuali anomalie che potrebbero segnalare un problema del piccolo. Il monitoraggio computerizzato ha anche il vantaggio di poter segnalare eventuali “errori” nell’esecuzione dell’esame. In ogni caso l’interpretazione ufficiale dei risultati dell’esame deve essere comunque affidata a un medico o al personale competente, che si occupa di leggere i tracciati, interpretarli e scrivere di conseguenza il referto.

Oltre che in prossimità della data prevista per il parto (DPP) ci si avvale di questo esame nelle ultime settimane di gravidanza in presenza di un problema di salute della futura mamma o del piccolo. In questo caso il monitoraggio è utile se c’è il sospetto di un accrescimento fetale ritardato oppure se la mamma soffre di particolari disturbi che potrebbero nuocere al bambino. Un altro caso in cui il ginecologo può decide di sottoporre la futura mamma ad una serie di monitoraggi si ha quando la gravidanza si protrae oltre la 40° settimana di gestazione: in una circostanza del genere la cardiotocografia è finalizzata ad accertare che la placenta funzioni ancora correttamente e che il bambino continui a crescere bene. In questo caso può essere necessario che la mamma si rechi in ospedale a giorni alterni per tenere la situazione sotto controllo.

Ecografia e Flussometria ostetrica

L’Ecografia ostetrica con flussimetria è un esame ecografico che si effettua nel terzo trimestre, in un periodo compreso tra la 31ª e la 34ª settimana, tale esame è funzionale alla valutazione della regolarità della crescita fetale.

L’Ecografia ostetrica con flussimetria viene adoperata per escludere sia la presenza di malformazioni congenite o genetiche, sia situazioni di sofferenza fetale grazie anche ad una valutazione semiquantitativa del liquido amniotico.In casi particolari si adopera, nel III trimestre, anche la flussimetria Doppler, esame specifico eseguito con un ecografo dotato di eco-colordoppler volto a valutare la qualità dell’irrorazione ematica dei distretti cranico e addominale del Feto.

L’Ecografia ostetrica con flussimetria viene adoperata mediante l’applicazione degli ultrasuoni emessi da una sonda che consente di visualizzare graficamente gli organi interni oggetto d’indagine, la loro forma e le loro eventuali alterazioni.
Si tratta di un esame non doloroso, tantomeno fastidioso.

TERAPIA MALATTIE MATERNE IN GRAVIDANZA

All’inizio della gravidanza deve essere proposto lo screening per la batteriuria asintomatica ( presenza di batteri nelle urine senza presenza dei sintomi della cistite) basato sull’urinocoltura, con campione prelevato da mitto intermedio,( non la prima pipì ,ma l’intermedia) poiché l’identificazione e il riconoscimento della batteriuria asintomatica riduce il rischio di pielonefrite ( infezione renale).

Nelle donne in cui, nel corso della gravidanza, si riscontra la presenza di batteriuria all’esame delle urine è opportuno ripetere l’urinocoltura. Lo screening con tampone cervico-vaginale per CHLAMYDIA TRACHOMATIS deve essere offerto alle donne in gravidanza con fattori di rischio riconosciuti alla prima visita prenatale e deve essere eventualmente ripetuto nel terzo trimestre.

TOXOPLASMOSI

Lo screening prenatale della toxoplasmosi è raccomandato e consiste in una sierologia al primo controllo prenatale, ripetuto ogni 4-6 settimane (se il primo esame risulta negativo/recettivo), fino al termine della gravidanza.

Che cos’è? E’ un’infezione comune, causata da un parassita chiamato Toxoplasma. Non causa alcun sintomo o dà un leggero stato di malessere generale: lieve febbre e aumento di volume delle ghiandole del collo. Il parassita prima di infettare l’uomo, comunemente infetta i gatti. Tuttavia il modo più frequente per contrarre l’infezione non è necessariamente possedere un gatto, ma piuttosto consumare cibi contaminati come carni crude o poco cotte, frutta e verdura sporchi di terra contaminata. E’ inoltre possibile infettarsi se si ingeriscono parti di Toxoplasma che possono essere presenti nelle feci nella lettiera del proprio gatto.

E’ contagiosa? No. Non è possibile trasmettere l’infezione attraverso il contatto fisico o i rapporti sessuali, ma l’infezione può essere trasmessa al feto attraverso la placenta se la mamma si infetta durante la gravidanza. La trasmissione materno-fetale è possibile in caso di prima infezione in corso di gravidanza, in una donna perciò precedentemente sieronegativa. Il quadro clinico e la gravità dell’infezione congenita dipendono dall’epoca gestazionale, in cui avviene l’infezione, ma in modo inversamente proporzionale: più precoce è l’infezione più grave è il danno.

Come sapere se si è infetti? Poiché l’infezione è spesso asintomatica, molti adulti non sanno se ne sono stati affetti in passato o se, in caso di sintomi, possono averla contratta. E’ possibile sapere se si è infetti tramite un semplice prelievo di sangue.

E se ci si infetta in gravidanza? Spesso la mamma non ha alcun sintomo, ma vi è il rischio di trasmettere l’infezione al feto attraverso la placenta. Il rischio aumenta se la mamma si infetta nel terzo trimestre, ma le conseguenze per la salute del bambino sono molto più gravi se la mamma si infetta nel primo trimestre. In caso di infezione i danni al feto possono essere: cecità, idrocefalo, danni neurologici e ritardo mentale; e se l’infezione è nelle prime settimane di gravidanza vi è un alto rischio di aborto spontaneo. Per tale motivo, verranno effettuate ecografie ripetute per controllare lo stato di salute del bambino ed un prelievo di liquido amniotico per confermare l’infezione.

Come si cura? E’ possibile somministrare alla mamma dei farmaci specifici e sicuri che possono ridurre il rischio di infezione nel feto e le sue conseguenze.

Come si previene? Non esiste alcun vaccino per prevenire la Toxoplasmosi. Poiché l’infezione viene contratta consumando cibi contaminati, è sufficiente seguire alcune semplici regole di comportamento alimentare dal momento in cui si cerca una gravidanza e, se non si è protetti dall’infezione, fino al part

• consumare solo carne ben cotta (non cruda o al sangue), cuocere bene le pietanze surgelate già pronte;
• non consumare salumi crudi (prosciutto crudo, salame e insaccati):
• lavare accuratamente frutta e verdura;
• lavare le posate e gli utensili che sono entrati a contatto con verdura e carne, anche prima del lavaggio e della cottura;
• lavare bene le mani dopo aver toccato carne, verdura e frutta crudi;
• non toccarsi la bocca e gli occhi durante la preparazione degli alimenti;
• evitare il contatto con terriccio potenzialmente contaminato da feci di gatto
• non entrare in contatto con le feci dei gatti: se si possiede un gatto, pulire la lettiera indossando un paio di guanti e lavare accuratamente le mani dopo aver terminato.

ROSOLIA

Lo screening sierologico per la suscettibilità alla rosolia deve essere offerto a tutte le donne all’inizio della gravidanza. Nelle donne risultate suscettibili alla rosolia il test deve essere ripetuto a 17 settimane e deve essere programmata la vaccinazione dopo la nascita , allo scopo di proteggere le eventuali future gravidanze. Lo scopo dello screening in gravidanza è quello di verifica re l’immunità della madre tramite il rubeo-test e quindi identificare le donne suscettibili all’infezione.

Che cos’è? E’ un’infezione virale causata dal Rubeovirus che colpisce più frequentemente i bambini tra i 4 ed i 14 anni. Comincia con una lieve febbre, mal di gola e sintomi simili all’influenza e talvolta compaiono macchioline rosse (esantema) sul viso e poi su tutto il corpo, non pruriginose, che durano al massimo per tre giorni. Almeno il 20-50% degli adulti infetti è asintomatico.

E’ contagiosa? Si. Si trasmette per via aerea e si rimane contagiosi da 7 giorni prima a 4 giorni dopo la comparsa dell’esantema ed il periodo di incubazione è di 12-23 giorni. Sono a rischio tutti coloro che lavorano a contatto con i bambini (insegnanti e personale scolastico) ed il personale sanitario, oltre che le mamme di bambini in età scolare.

Come sapere se si è infetti? Poiché si tratta di un’infezione lieve e spesso senza sintomi, molti adulti non sanno se ne sono stati a ffetti in passato. E’ possibile ricercare gli anticorpi specifici tramite un prelievo di sangue per sapere se è in corso l’infezione.

E se ci si infetta in gravidanza? Spesso la madre è asintomatica o presenta sintomi simili ad una lieve influenza. Se la mamma si infetta nel corso del primo trimestre, il rischio di infezione fetale supera il 90% e può determinare aborto spontaneo oltre che anomalie congenite da sindrome da rosolia congenita (SRC): difetti dell’udito, della vista, del cuore e ritardo mentale. Se invece la mamma si infetta dopo la 20° settimana non vi sono rischi significativi, tuttavia sarà opportuno eseguire ecografie periodiche per il controllo del benessere del bambino.

Come si cura? La vaccinazione antirosolia, eseguita a 12-13 anni di età è il modo migliore per proteggersi dal rischio di infezione. Se una donna adulta che ricerca una gravidanza non è stata vaccinata da bambina o comunque non risulta protetta dall’infezione è necessario eseguire il vaccino prima possibile, dato che non sono disponibili terapie mediche per la cura di quest’infezione. Una volta eseguito il vaccino, sarà opportuno attendere almeno 2-3 mesi prima di programmare una gravidanza.

Come si previene? Poiché tutte le donne sono potenzialmente a rischio, se si programma una gravidanza è bene effettuare un prelievo di sangue per verificare se si è protetti dall’infezione. Se non lo si è, va eseguita la vaccinazione antirosolia che è innocua e fornisce una protezione che dura per tutta la vita.

LISTERIOSI

Che cos’è? E’ un’infezione batterica causata dalla Listeria monocytogenes che si trova comunemente nel suolo, nella vegetazione e nell’intestino di molti mammiferi. Il batterio cresce facilmente alla temperatura ambiente (37 gradi) e anche dei frigoriferi (5-10 gradi), pertanto può facilmente contaminare gli alimenti. I sintomi principali sono: febbre, malessere, nausea, vomito, diarrea, dolori ai muscoli e alle articolazioni, tachicardia, riduzione della pressione arteriosa, riduzione della quantità di urine. Raramente compaiono segni di meningite (infiammazione delle membrane del cervello e del midollo spinale): febbre alta, mal di testa, dolore al collo, stato confusionale

E’ contagiosa? No. La maggior parte delle persone si infetta consumando alimenti contaminati, in particolare: carne di pollo, latticini prodotti con latte non pastorizzato (yogurt, formaggi a pasta molle), salse a crudo (maionese, ecc.). Come sapere se si è infetti? E’ possibile individuare l’infezione tramite la ricerca degli anticorpi specifici o della Listeria nel sangue e nel liquido amniotico.

E se ci si infetta in gravidanza? Circa il 20-30% delle infezioni colpisce donne in gravidanza, che possono trasmettere l’infezione al bambino attraverso la placenta. L’infezione in utero può causare aborto, morte fetale e parto prematuro.

Come si cura? E’ necessario il ricovero in ospedale per effettuare una terapia antibiotica specifica per varie settimane e per controllare lo stato di salute del bambino.

Come si previene? Adottare alcune precauzioni nella conservazione e nel consumo degli alimenti:

• bere solo latte pastorizzato o UHT
• evitare di mangiare carni o altri prodotti elaborati da gastronomia senza che questi vengano nuovamente scaldati ad alte temperature
• evitare di contaminare i cibi in preparazione con cibi crudi e/o provenienti dai banconi di supermercati, gastronomie e rosticcerie • non mangiare formaggi molli se non si ha la certezza che siano prodotti con latte pastorizzato
• non mangiare patè di carne freschi e non inscatolati
• non mangiare pesce affumicato

VARICELLA

Che cos’è: E’ un’infezione virale causata dal Virus Varicella- Zooster. Colpisce soprattutto i bambini, ma non è rara nell’adulto. Sono a rischio tutti coloro che lavorano a contatto con i bambini (insegnanti e personale scolastico) e le mamme di bambini in età scolare. Il periodo di incubazione è di 10-14 giorni, cui segue la comparsa di lesioni pruriginose e quindi di vescicole diffuse prima all’ad dome e poi agli arti ed al volto; ci possono essere febbre e senso di malessere generale. Chi è già stato infetto può sviluppare in seguito un’altra infezione causata dallo stesso Virus: l’Herpes Zooster.

E’ contagiosa? Si. L’infezione si trasmette solo per contatto con persone infette con una probabilità del 95%. Si rimane contagiosi sino a che tutte le vescicole sono state sostituite da croste.

Come sapere se si è infetti? L’infezione ha delle lesioni così tipiche che la diagnosi non richiede esami di laboratorio salvo in casi particolari. Se invece si vuole sapere se si è protetti, è possibile cercare gli anticorpi specifici tramite un prelievo di sangue.

E se ci si infetta in gravidanza? In gravidanza la mamma ha un rischio maggiore di sviluppare complicazioni come la polmonite e l’encefalite (malattia del cervello). Per tale motivo è consigliato il ricovero in ospedale in caso di febbre alta per effettuare le opportune cure. Se la mamma è infetta, può trasmettere l’infezione al bambino attraverso la placenta. Se l’infezione avviene nella prima metà della gravidanza si possono avere nel 2% dei casi malformazioni ed aborto, mentre se si verifica vicino al parto, il bambino può nascere con la varicella congenita. Per questo motivo verranno effettuati controlli ecografici ripetuti durante la gravidanza e controlli pediatrici dopo la nascita.

Come si cura? Se la mamma si ammala di Varicella è possibile usare dei farmaci antivirali che sono innocui per il feto e che possono essere somministrati a casa, nelle forme lievi, o in ospedale nella forme più gravi. Se la mamma si infetta vicino alla data del parto si cercherà di rimandarlo per 5-7 giorni utilizzando farmaci che bloccano le contrazioni uterine.
Come si previene? Da alcuni anni è disponibile un vaccino per prevenire, prima della gravidanza, l’infezione nei soggetti non protetti.

QUINTA MALATTIA (INFEZIONE DA PARVOVIRUS B19)

Che cos’è? E’ un’infezione virale causata dal Parvovirus B19, che colpisce più frequentemente i bambini tra i 4 e i 14 anni. L’infezione comincia con una lieve febbre, mal di gola e sintomi simili all’influenza. Nei bambini è comune la comparsa di un arrossamento al viso, in particolare sulle guance, seguito da piccole macchie rosse sul corpo, braccia e gambe. Questi segni possono comparire anche diverse settimane dopo l’infezione. Dolori articolari sono più frequenti nell’adulto anche se il 20-30% degli adulti infetti è asintomatico.

E’ contagiosa? Si. L’infezione si trasmette per via aerea ed il periodo di incubazione è di 4-21 giorni.

Come sapere se si è infetti? Poiché si tratta di un’infezione lieve e spesso senza sintomi, molti adulti non sanno se ne sono stati affetti in passato. Per sapere se si è infetti e; possibile ricercare gli anticorpi specifici tramite un prelievo di sangue.

E se ci si infetta in gravidanza? Per la madre i sintomi sono moderati, simili ad una leggera influenza, associati ad una lieve anemia. La maggior parte delle donne che si infetta durante la gravidanza partorisce bambini sani, senza problemi. In pochi casi vi è il rischio di aborto o morte del feto: tale rischio è di circa il 10% se l’infezione avviene nelle prime 20 settimane di gravidanza, dell’1% dopo la 20° settimana. L’infezione del feto può causare un’infiammazione del cuore e anemia. In questi casi è possibile vedere comparire all’ecografia un’eccessiva quantità di liquido a livello dei tessuti fetali (idrope). In genere l’idrope si risolve spontaneamente in poche settimane ma se persiste può richiedere l’esecuzione di una trasfusione fetale in utero o alla nascita. Per tale motivo, in caso di infezione materna verranno eseguite ecografie di controllo ad intervalli regolari per verificare lo stato di salute del bambino.

Come si cura? Al momento non sono disponibili né un vaccino né medicine per la terapia di questa infezione.

Come si previene? Sono a rischio tutti coloro che lavorano a contatto con i bambini (insegnanti e personale scolastico) e le mamme di bambini in età scolare. Se non si è già immuni, il rischio generico di infettarsi sul luogo di lavoro è del 20-30%; se si entra in contatto con un bambino infetto la probabilità e; del 50%. Il rischio può essere ridotto lavandosi bene e spesso le mani e non scambiando cibo e bevande con i bambini.

INFEZIONE DA CITOMEGALOVIRUS

Che cos’è? Il Citomegalovirus (CMV) appartiene alla famiglia degli herpes virus La malattia è strettamente specie-specifica: l’uomo è il solo serbatoio. E’ un’infezione causata da un Virus chiamato Citomegalovirus. La maggior parte delle persone adulte non presenta sintomi quando si infetta oppure può avere una lieve febbre, senso di malessere e inappetenza, associati talvolta ad ingrossamento delle ghiandole del collo. Può comportare rischi per il feto se viene contratta in gravidanza.

E’ contagiosa? Si. La trasmissione può avvenire per via orizzontale per contatto diretto o indiretto da persona a persona, o in gravidanza per via verticale. Il virus si ritrova nelle urine, nelle secrezioni oro-faringee, nelle secrezioni cervicali o vaginali, nello sperma, nel latte, nelle lacrime e nel sangue. La diffusione dell’infezione richiede contatti stretti e prolungati con pazienti infetti. La donna in gravidanza può contrarre un’infezione primaria (quando è acquisita per la prima volta) o secondaria (per riattivazione del virus latente o reinfezione da nuovo ceppo). Gli oggetti possono avere un loro ruolo nella trasmissione del CMV: il virus è stato ritrovato sulle superfici di plastica e in generale sui giocattoli, per ore dopo la sua trasmissione. In particolare sono a rischio tutti coloro che lavorano a contatto con i bambini (insegnanti e personale scolastico) e le mamme di bambini in età scolare.

Come sapere se si è infetti? Poiché l’infezione è spesso asintomatica, molti adulti non sanno se ne sono stati affetti in passato. E’ possibile sapere se si è infetti tramite un semplice prelievo di sangue. E se ci si infetta in gravidanza? In caso di infezione primaria materna, i genitori dovrebbero essere informati che il rischio di trasmissione e di infezione fetale intrauterina è compreso fra 30% e 40% e che, se il feto è infetto, il rischio di sequele dopo la nascita è compreso fra 20% e 25%. Se si contrae l’infezione durante la gravidanza, la mamma spesso non ha alcun sintomo ma vi è il rischio di trasmetterla al feto attraverso la placenta: tale rischio è maggiore se la mamma si infetta nel terzo trimestre, ma le conseguenze per la salute del bambino sono invece molto più gravi se la mamma si infetta nel primo trimestre. In questo caso possono manifestarsi disturbi oculari, dell’udito, ritardo mentale per il bambino e un rischio aumentato di parto prematuro per la mamma. Per tale motivo in caso di sospetta infezione fetale verranno eseguite ecografie ripetute durante la gravidanza ed eventualmente anche un prelievo di liquido amniotico tramite amniocentesi.

Come si cura? Al momento non sono disponibili vaccini o farmaci antivirali in grado di curare l’infezione del feto. Come si previene? Poiché l’infezione si trasmette attraverso i liquidi corporei, le persone a rischio (vedi paragrafo “è contagiosa?”) devono lavarsi accuratamente le mani quando entrano in contatto con sangue, urine o saliva (ad esempio quando cambiano un pannolino, o danno da mangiare ad un bambino), lavare accuratamente i giocattoli dei bambini, non scambiare succhiotti, posate e stoviglie con i bambini.

SALMONELLOSI

Che cos’è? La salmonellosi è una tossinfezione a trasmissione oro-fecale causata dalle cosiddette Salmonelle minori. E’ veicolata da alimenti, acqua e piccoli animali domestici contaminati. La salmonellosi può provocare un quadro sintomatologico variabile, che comprende una forma gastroenterica (con febbre, nausea, vomito, dolori intestinali, diarrea anche grave) e una forma infettiva a carico di ossa e meningi, che si verifica soprattutto in anziani, bambini e soggetti immunodepressi.
Come si previene? Per diminuire il rischio di salmonellosi si consiglia di:

– lavare frutta e verdura prima della manipolazione e del consumo
– lavare le mani prima, durante e dopo la preparazione degli alimenti
– refrigerare gli alimenti preparati in piccoli contenitori, per garantire un rapido abbattimento della temperatura
– cuocere tutti gli alimenti derivati da animali, soprattutto pollame, maiale e uova
– evitare (o perlomeno ridurre) il consumo di uova crude o poco cotte (per esempio, all’occhio di bue), di gelati e zabaioni fatti in casa, o altri alimenti preparati con uova sporche o rotte
– consumare solo latte pastorizzato o UHT
– proteggere i cibi preparati dalla contaminazione di insetti e roditori
– evitare la contaminazione tra cibi, avendo cura di tenere separati i prodotti crudi da quelli cotti
– evitare che persone con diarrea preparino gli alimenti

EPATITE B

L’infezione da virus dell’epatite B (HBV) rappresenta un importante problema di salute pubblica in tutto il mondo. Si stimano 350 milioni di individui nel mondo con infezione cronica a rischio per complicanze come cancro al fegato o patologie progressive del fegato. L’epatite B è infatti causa del 30% dei casi di cirrosi e del 53% dei casi di carcinoma epatocellulare. L’HBV, nelle persone infette, è presente nel sangue e in altri liquidi biologici, come saliva, sperma, secrezioni vaginali, lacrime, e può essere trasmesso da un individuo all’altro in vari modi: per via orizzontale . contagio persone infette con liquidi corporei o oggetti contaminati ( sangue scambio siringhe trasfusioni con sangue infetto ) e attraverso i rapporti sessuali, e per via verticale da madre a figlio.

Allo scopo di prevenire la trasmissione madre-figlio, è necessario identificare le donne in gravidanza, portatrici del virus dell’epatite B, la tempistica dell’esame è diversamente proposta:

– l’esecuzione nel primo trimestre permette la diagnosi precoce, l’esecuzione di ulteriori esami di conferma e approfondimento (per esempio ricerca antigene “e”), l’eventuale vaccinazione delle gravide a rischio e l’identificazione dei bambini da sottoporre a immunoprofilassi e vaccinazione postnatale.

– L’esecuzione dell’esame in epoca più avanzata, come in Francia e in Italia, è mirata alla prevenzione della trasmissione verticale, permette di identificare i bambini da sottoporre a immunoprofilassi e riduce la probabilità del periodo finestra dell’infezione.

– Le raccomandazioni nordamericane sono di eseguire l’esame nel primo trimestre e ripeterlo nelle donne a rischio in fase avanzata o al parto.

– Più del 90% delle infezioni perinatali da HBV può essere prevenuta attraverso l’identificazione delle madri HbsAg positive, attraverso lo screening prenatale per HbsAg delle donne in gravidanza e la somministrazione ai figli delle madri positive di immunoglobuline (HBIG) e del vaccino anti- epatite B alla nascita.

INFEZIONE DA HIV

Si stima che, ogni anno, in Italia si infettino circa 3.500-4.000 persone con il virus umano dell’immunodeficienza acquisita ( Human Immunodeficiency Virus, HIV).

L’identificazione precoce durante la gravidanza delle donne sieropositive per HIV è finalizzata a ridurre il rischio di trasmissione materno-fetale del virus. Mettendo in atto interventi preventivi (taglio cesareo programmato a 38 settimane di età gestazionale e comunque prima della rottura delle membrane, profilassi con farmaci “zidovudina”, alimentazione artificiale del neonato) il rischio di trasmissione materno fetalesi riduce a meno dell’1%. Lo screening per l’HIV deve essere offerto a tutte le donne all’inizio della gravidanza e al terzo trimestre, per consentire di programmare – per le donne risultate positive- gli interventi che si sono dimostrati efficaci nel ridurre il rischio di trasmissione dell’infezione da madre a figlio.

SIFILIDE

I dati delle notifiche di malattia infettiva, riportate dal 1999 al 2004 al Ministero della salute secondo il D. M. 15.12.90 e trasmesse all’ISTAT, indicano un incremento delle infezioni da sifilide in Italia.

Lo screening sierologico della sifilide, effettuato con un test specifico per il treponema, è raccomandato a tutte le donne alla prima visita e alla fine della gravidanza.

L’infezione in gravidanza può comportare gravi danni fetali per la possibilità di trasmissione verticale, sia per via transplacentare sia al momento del parto.

La sifilide primaria e secondaria, se non trattate, comportano un rischio di trasmissione fetale del 70-100%, se trattate di 1,8%. La prevenzione e la diagnosi della sifilide congenita dipendono quindi dalla diagnosi e dal trattamento dell’infezione nella donna in gravidanza.

INFEZIONI DA STREPTOCOCCO GRUPPO B

Lo streptococco di gruppo B ( Streptococcus agalactiae, GBS) è una delle principali cause di severa infezione neonatale. Il batterio può essere presente nel tratto gastrointestinale o genitale della donna in maniera sintomatica o asintomatica.

Il tampone vagino-rettale eseguito tra 35 e 37 settimane di gestazione appare il test più’ sensibile (79-97%) e specifico per identificare le donne con probabile colonizzazione batterica e con un più alto rischio di trasmissione perinatale del microrganismo.

TEST ULTRA-SCREEN / TEST COMBINATO

La maggior parte dei neonati è sana.

Indipendentemente dall’età materna il rischio di avere un bambino affetto da handicap mentali e fisici è basso.

La diagnosi prenatale di certezza delle anomalie cromosomiche si basa sullo studio del cariotipo fetale tramite tecniche invasive, costose e non prive di rischi. Le tecniche di diagnosi prenatale invasive: VILLOCENTESI, AMNIOCENTESI accanto ad un’elevata accuratezza diagnostica, sono gravate da una frequenza di abortività legata alla procedura stimata intorno all’1%, uguale per entrambe le metodiche.

La ricerca di un test di screening per anomalie cromosomiche, a basso costo, privo di rischi e proponibile a tutte le donne in epoca precoce di gravidanza, ha portato alla diffusione della misurazione della Translucenza nucale tra le 11 e le 14 settimane di gestazione.

E’ solo dal 1992 in poi che la misurazione ecografia della Translucenza Nucale ( NT o Nucal Translucency) è stata standardizzata e proposta per lo screening della trisomia 21 ( Sindrome di DOWN) dalla Fetal Medicine Foundation (FMF) di Londra.

Il calcolo del rischio di trisomia 21 considerando l’età materna e la misura della NT è in grado di identificare l’80% dei feti affetti da tale cromosomopatia.

L’associazione della misurazione ecografica della NT con il dosaggio di alcuni markers (sostanze) nel siero materno: PAPP-A e free beta-hCG , ha ottenuto un miglioramento dell’accuratezza del test, con un significativo aumento della sensibilita’ (90%) con il 5% di falsi positivi.

Il calcolo del rischio di trisomia 21 considerando l’età materna, la misura della NT e il dosaggio della betaHCG e della PAPP-A è in grado di identificare il 90% dei feti affetti da tale cromosomopatia (Cut off 1:350).

I FETI CON CARDIOTIPO NORMALE E NT > 3,5 mm HANNO UN RISCHIO AUMENTATO DI ALTRE PATOLOGIE

• cardiopatia
• ernia diaframmmatica
• malformazione renale
• uropatia ostruttiva
• onfalocele
• displasie scheletriche e di sindromi genetiche come:
• artrogriposi
• s. della banda amniotica
• s. di Noonan
• s. di Jarco levine
• s. di Smith-Lemli-Opitz
• s. di Stickler

Si raccomanda quindi ecocardiografia a 16 settimane